Strano come, nonostante non si abbiano più quindici anni, alcune persone riunite in un’aula qualsiasi, a fare una lezione qualsiasi, ricreino esattamente le stesse dinamiche dei teenager ‘mbecilli.
Mi spiego. Per lavoro, sono obbligata a partecipare a dei corsi che in teoria dovrebbero servire a salvare la vita alle persone che lavorano con me. Già il fatto che io, proprio io, quella che sviene se si taglia con la carta, possa avere la responsabilità di diverse vite umane, già ‘sto fatto fa ridere assai. Ma insomma, cerchiamo di superare questo scoglio.
Dicevo che sto facendo questi corsi. Ne sono due, uno è per imparare a soccorrere la gente che sta male, prima che arrivi l’ambulanza, e l’altro è per imparare a spegnere i fuochi.
A spegnere i fuochi sono già cintura nera, nel senso che ho una calma e una pazienza tali che Gandhi mi fa un baffo, sono maestra di peace&love, specializzata nel calmare le acque. Però a questi corsi si parla di fuochi veri, quelli che scottano, e su quelli ho un po’ più di difficoltà.
Per non parlare dei problemi di self-control di fronte a malori o incidenti altrui. In vita mia, mi è capitato solo una volta di dover chiamare il centodiciotto, faccio ancora gli incubi. Persona che perde i sensi, gente che mi urla CHIAMA UN’AMBULANZA! Io che penso ma perché proprio io? Ancora non sono arrivata a comporre l’8 che comincio a sudare freddo, mi tremano le gambe, le mani, tutto. Mi risponde l’operatore e io, urlando cose sconclusionate in maniera isterica, senza che si capisca un cazzo, riesco a dire le uniche tre parole importanti da dire: svenuto – ambulanza – via mazzini. Vi dico solo che l’ambulanza è arrivata dopo cinque minuti ed io stavo ancora al telefono con l’operatore del 118 che mi faceva training autogeno, dicendomi di stare calma, che sarebbe andato tutto bene. Non l’ho mai fatto pubblicamente, adesso è arrivato il momento di ringraziarlo. Grazie Giovannidel118, se non ci fossi stato tu, io non ce l’avrei fatta. Anche quello svenuto ce l’ha fatta eh, era ‘na cavolata. Voi, però, ricordatevi di non sentirvi mai male in mia presenza, meglio non sfidare la sorte.
Che poi finisco sempre a parlare di me, ma io volevo parlare degli altri. Di quelli che stanno in classe con me ai corsi di primo soccorso.
Volevo parlare della chiacchierona secchiona sottuttoio. Stai ancora nei corridoi e già la senti parlare. Lei arriva in netto anticipo perché deve sfinire il povero malcapitato relatore, che lo vedi benissimo che vorrebbe tagliarsi le vene e mettere alla prova gli allievi del primo soccorso. Lei ha la madre infermiera, lo zio pompiere e il marito chirurgo, quindi SA. Sa tutto, ma deve rompere l’anima, lei deve fare le domande, su ogni singolo punto di ogni singola slide. E poi scrive, scrive ogni parola, pure i colpi di tosse.
Poi c’è il figo. Il belloccio che ti sorride passandoti davanti, e alla pausa ti chiede se vuoi un caffè con l’occhiolino. E tu sì, grazie, ma l’occhiolino te lo puoi pure tenere. È tutto curato, vestito alla moda, nonostante siano le tre di pomeriggio e tutto il resto delle persone abbia la carbonara sullo stomaco e gli occhi assonnati. Ogni tanto gli squilla il telefono e Mr Saxobeat riecheggia nell’aula. Scusate, dice, è la mia ragazza, è gelosa.
Infine ci sono le amiche asine, quelle che arrivano insieme, in ritardo tipo di tre quarti d’ora, masticando chewingum enormi. E si siedono dietro ché devono parlare. Chiacchierano per tutta la lezione e quando non chiacchierano sbadigliano, di quegli sbadigli rumorosi. No, non sono quindicenni, a vederle sembrerebbero sulla quarantina, nonostante l’abbigliamento improbabile. L’ultima volta una di loro ha alzato la mano. C’è stato un momento di smarrimento, vuoi vedere che si è interessata alla questione e vuole fare una domanda? E invece no, invece voleva chiedere se potevano andar via mezz’ora prima ché gli iniziava la lezione di pilates.
La prossima volta bisognerà fare la rianimazione al manichino. Sì, lo so, è un pezzo di plastica, ma fa veramente impressione, quasi come le bambole di porcellana nelle vetrinette. È che ho una fervida immaginazione e ho visto troppi film horror, ma me la caverò e oh, se proprio non si rianima, chiamerò di nuovo il mio amico Giovanni.
Ma dai!?!?!ma che scene patetiche…a questo punto,se proprio deve succedere(e facciamo le corna!!!) che mi senta male,meglio una isterica come te che parla al telefono col 118 che una di quelle SOTUTTOIO o MRS PILATES!:D Per non parlare del figo che a me non offrirebbe caffè ne farebbe l’occhiolino…figurati aiutarmi!;)
Sì, facciamo le corna, che è meglio ;)
Ah, Ah…il campionario dei compagni di corso è fenomenale ed estremamente rappresentativo del genere umano!
Anche io sono addetta a quella cosa del primo soccorso, ehm…speriamo non serva mai, sono ipocondriaca fino al midollo!
Eh, sorella.
ma sto morendo!
Nooo, non morire, abbiamo ancora tante cose da fare insieme! :)
Sei micidiale nel tuo modo di raccontare le cose :D :D Mi sono immaginato la classe senza nessunissimo sforzo ;)
Grazie Roberto :D
non è che si ritorni alle dinamiche di classe, è che a un certo punto la gente finisce la scuola e in classe non ci si trova più, quando ce la rimetti è tutto come prima :/ forse non si cresce, forse è solo apparenza O_O mi sono inquietato, centodiciottami.
INQUIETO, AMBULANZA, PRESTO!
mettila così: se succede un vero disastro sarai tu a risolvere la situazione, a mantenere il self control, a tirare fuori risorse nascoste fra gli orli delle tasche. La sotuttoio invece, si chiuderà nello sgabuzzino, fra le scope.
Almeno…questo è quello che succede nei film di genere catastrofico.