Che ti svegli alle sei per lavarti i capelli e ti accorgi, mentre li asciughi, che sono venuti stoppacciosi. Ho cambiato shampoo e ho sbagliato, dovevo rimanere sulla strada vecchia, ma mi piaceva il colore del flacone. Io sono sempre così, mi faccio attirare dai colori, dai profumi, dai momenti.
L’altro giorno sono entrata in un bar ché avevo voglia di spremuta d’arancia. La persona che era con me ha preso un frappè alla fragola e allora anch’io ho preso il frappè alla fragola, così, perché ho visto tutto quel rosa pastello e l’ho preferito all’arancio.
Poi, mentre sorseggiavo il frappè, mi sono chiesta perché mai l’avessi preso. Io odio il frappè. Infatti l’ho lasciato. Come lascerò intero questo flacone di shampoo che mi fa i capelli a pagliaio.
Sarà per questo, perché avevo la faccia smunta di chi ha passato un’ora a mettere in piega una scopa di saggina, che l’autista di un’ambulanza ferma davanti al cancello di casa mia, vedendomi, mi ha chiesto se fossi io la signora che ha chiamato perché stava male.
“Come, scusi?”
“È lei che ci ha chiamato, signora?”
[Prima di tutto non mi chiami signora. Poi, le sembro una moribonda? Ho il colorito spento? Vuol dire che ieri, stare due ore a squagliarmi sotto al sole non è servito a niente? Lo vede che ho anche il lucidalabbra? Secondo lei, una si mette il lucidalabbra per andare in ospedale?]
“No, non sono stata io.”
La prima cosa che ho fatto, appena salita sul bus, è stata tirare fuori lo specchietto dalla borsa e controllare che fosse tutto normale, come le altre mattine. Ero uguale a sempre. E allora lì mi sono preoccupata sul serio.
Alla fine che fai, ne ridi con le colleghe, cercando di non pensare al forno crematorio in cui devi rosolarti per sei ore. Condizionatori rotti e impossibilità di aprire le finestre per dei lavori che durano da settimane. Per fortuna i fogli, la caterva di fogli con cui sono costretta ad avere a che fare tutti i santi giorni vengono utilizzati, una volta per uno, come ventagli d’emergenza. Almeno gli alberi non saranno morti per nulla.
Quando ti arrendi all’evidenza dei fatti e ti prepari al peggio, ecco che tua madre spunta dal nulla con un mazzo di fiori di campo, come nelle migliori pubblicità delle pillole per il mal di testa. Tu hai il mal di testa e spunta il tipo col blister.
Non me ne intendo di fiori, ma ho riconosciuto le margherite e i narcisi, poi ce ne sono altri rossi, piccolini, e fucsia e color lavanda. Profumano. Dentro ci ho trovato due ragnetti e un po’ di formiche.
Li ho portati a casa come un trofeo, più orgogliosa di una che ha vinto un prosciutto intero alla pesca di beneficienza, e li ho messi in un vaso bianco, al centro del tavolo.
Più li guardo e più penso che sono proprio stupida, a non aver mai raccolto i fiori di campo. E non li ho mai raccolti perché, per farlo, nel campo ti ci devi buttare, non è che stanno tutti lì, già a forma di bouquet, sul ciglio della strada.
E io ho paura delle api, delle vespe e di tutti gli insetti che pungono, dei ragni grandi, delle bisce e di essere assalita dalle formiche (ma questa è una fobia che mi è venuta da bambina, dopo aver visto una mia amica sedersi su un formicaio).
Come ho fatto a non aver mai raccolto i fiori di campo, dico io.
Domani ci provo.
forestaaaaaleeee! forestaaaaleeee?!? vedete, quella lì, che sta cogliendo quella specie preziosissima di “Coreopsis verticillata” (esiste, giuro, n.d.r.)?!? la conoscooooo! :-D
SPIA! :D
Quando ero bambina (anagraficamente parlando, intendo), la domenica era il giorno del pranzo dai nonni paterni, che vivevano in campagna.
Così, mentre i grandi cucinavano, io, mia sorella maggiore e nostra cugina, andavamo nei campi lì attorno a raccogliere quelli che noi chiamavano “campanelle”.
Neppure io sono un’esperta di fiori, ma non ho mai scoperto il vero nome di quelli che, però, ho ben presenti in mente.
Avevano, effettivamente, la forma di campanelle giallissime e ne crescevano milioni, in quella zona.
Ne raccoglievamo mazzi davvero enormi (o almeno così sembravano ai miei occhi di bimba, all’epoca) e chiedevamo alla nonna di sistemarli in un vaso come centrotavola.
Ma la cosa curiosa, che facevamo sempre, era… beh, ne conservavamo qualcuno per noi… e ne succhiavamo lo stelo!
Aveva un sapore frizzante, aspro, ma che ci piaceva tantissimo.
Se ci penso ora, mi chiedo come facessimo a fregarcene della probabilità altissima che qualche animale ci avesse fatto la pipì sopra poco prima, né ricordo come sia nata questa strana abitudine.
Fortunatamente, non ci siamo mai beccate qualche strana malattia a causa di questa curiosa pratica, ma si sa che in campagna è tutto più sano, perfino i bambini ghiotti di fiori.
Oooooh *__*
Mi hai fatto ricordare quando mangiavo, insieme a mio cugino più grande, i filamenti della vite (non so come si chiamano, ma erano asprissimi) e poi ci arrampicavamo sull’albero a raccogliere le prugne, incuranti di qualsiasi tipo di bestiaccia.
Ah, quante rimembranze di gioventude! :P
Sai cosa mi piace del tuo scrivere? Che con facilità mi ci posso immedesimare. E’ molto bello questo post dalle tante sfaccettature come è la vita. (Ora però, Claudia, lasciti contagiare da qualcuno che nel suo blog usa un inchiostro scuro. Non ne posso più di strabuzzare gli occhi! :-))
Ahahaha secondo me è il tuo pc che ha problemi di contrasto :D
Comunque mi dico sempre che devo farlo, ma non trovo mai il tempo, anche perché, come ti dicevo, mi sa che non è una roba di cinque minuti (o meglio, servono cinque minuti per chi è del mestiere) ;)
Ma prima o poi lo faccio, promesso :*
Clà, quelli gialli non sono narcisi, ma fiori di ginestra odorosa :)
Non li conosco tutti. So che quelli azzurri intenso sono fiordalisi, poi ci sono le margherite silvestri, i centocchi dei campi sono quelli piccolini e rossi che se ci fai caso somigliano alle primule, infatti appartengono alla famiglia delle primulacee e quelli tondi cicciosi lilla/viola sono trifoglio pratense. Le formichine erano sicuramente nei due rametti di menta selvatica e pure i ragnetti.
Io sono arrivata a quasi 53 anni per poter concedermi il beneficio di andare a raccogliere fiori nei campi e so che mi sono persa un mondo. Non farlo anche tu.
E devi anche assolutamente assaporare un raspo d’uva rubato nelle vigne (ma non dirglielo al carabiniere :)))) e comunque c’è da aspettare settembre.
@ammennicolidipensiero: è passata la camionetta verde, quella della forestale e mi hanno salutata :)
Mà, devo assolutamente andarci. Anche perché mi sa che tra un po’ cominceranno a puzzare di camposanto, occorre il ricambio :D
(grazie)
Prima di tutto non mi chiami signora…sei un mito :-)
E per essere stato un lunedì iniziato storto comunque ci ha regalato uno splendido post, splendida tu ad averlo scritto.
Per non parlare di quei fiori di campo, quando ho visto la foto su twitter ho fatto: oooh!
Un bacetto Cla, smack!
Sapevo che i fiori sarebbero stati di suo gradimento, signora :)
Un bacio a te e grazie!
Anche io mi lascio sedurre dai colori e dalle forme, lo chiamo “premiare il packaging” e mi fa sentire bene come se stessi attribuendo una statuetta alla notte degli Oscar.
Esatto, la sensazione è proprio quella.
Chissà dove andremo a finire, di questo passo :D
Secondo me non hai ancora trovato il campo con i colori, i profumi, i momenti…
Mi sa di no.
Se lo trovi dimmelo ché organizziamo un picnic con ingresso a pagamento.
comunque vorrei notificarti che, dopo che ti pungono la prima volta, poi non fa più paura. O muori, se sei proprio sfigato dopo la prima volta muori. E dopo non hai più paura lo stesso :D
Non so, è confortante? :/
Moltissimo. Quasi quasi vado a cercarne una per farmi pungere e guarire definitivamente dalla mia fobia (o morire, dipende) :D
E beh… mi viene da sorridere.
Però aspetto di leggere che ti sei rotolata nel campo. :)
Ancora niente, tesò. Ma ci stiamo lavorando davvero ;)