Ci sono giorni in cui tutto va come deve andare, nessun contrattempo, gli impegni si incastrano alla perfezione, metti spunte alle cose che avevi segnato in agenda e ti accorgi che, ancora prima di cena, hai finito tutto, sei libera, puoi timbrare il cartellino e uscire dalla fabbrica dei doveri e dei compiti.
Succede di rado, ma è successo oggi, e allora mi sono tolta le scarpe e ho cominciato a girare scalza per casa, perché camminare scalza è una delle cose che amo fare di più, se avessi il riscaldamento a pavimento, lo farei anche d’inverno. Mi sono messa a sistemare il caos, che è un’altra cosa che amo, perché mi permette di ricompormi, di avere almeno una parvenza di ordine esterno, come quando fai la deframmentazione del disco rigido, che ogni colore si accoppia, i blu con i blu e i rossi con i rossi – starei ore a guardare una deframmentazione – e tu dentro hai ancora il brodo primordiale, ma almeno fuori è tutto a posto.
Ho tirato giù i panni dallo stendino, ho rimesso le penne nel portapenne, le mollettine per capelli nel beautycase e sgomberato il ripiano del soggiorno dove sono solita mettere la posta, spesso senza leggerla. Sommerso dalle scartoffie dei vari Compro Oro e i volantini dei Testimoni di Geova dalle domande inquietanti (si smetterà mai di soffrire? È obiettivamente una domanda inquietante), insomma, sotto tutto questo spreco di carta per futili motivi c’era il fumetto rosa che la mia amica mi ha dato ieri tra una fetta di cheesecake e una tisana alla ciliegia selvatica. Rosa non è il genere, è proprio rosa la copertina e poi è rosa perché è stato scritto e disegnato da tre ragazze, ma forse è anche rosa di genere, perché parla di capelli. Non lo so, non mi intendo di fumetti, anche se secondo me non è neanche un fumetto, ma più un libro illustrato. Ma questo l’ho pensato dopo averlo aperto, prima non lo sapevo.
Perché stavo per metterlo in coda tra i libri da leggere, quelli che campeggiano sul comodino per mesi, poi ho detto magari lo sfoglio, e ho letto la piccola bellissima prefazione, lì in piedi, vicino al mobile del soggiorno pieno di cartacce. Poi ho iniziato a leggere la prima “storia” e mi sono persa nei disegni e nei colori, a quel punto mi sono seduta e ho letto tutto il resto perché io non capisco un tubo di fumetti, ma amo le cose belle, qualsiasi forma prendano.
Quando ho chiuso il libro, la prima cosa che ho pensato è stata adesso lo dico a tutti, come faccio sempre quando una cosa mi entusiasma davvero. E tutta questa filippica che sembra un po’ una marchetta, in realtà non lo è, perché col tempo uno impara anche a capire quali sono i propri limiti e i miei sono che le marchette non le so fare.
E adesso, arrivata alla fine del post, mi rendo anche conto che tutto questo affaccendarsi per far sì che si parli di qualcosa, per vendere, per pubblicità, per ego, serve veramente a poco. Le cose belle ti tirano fuori le parole di bocca (e dalle dita).
Ps. Tempo di Posa è stato scritto e disegnato da Nova Nanà, Diana Blu e Valentina Formisano. Lo trovate anche su Tumblr.
Ma che bello questo post e che bello quando leggi un libro e ti lascia il desiderio di far sapere agli altri che merita, segno :-)
Bacio a te Cla!
Ultimamente mi sta capitando più spesso, grandi fortune ;)
Capita. Con i libri, con i film, con le persone, con i luoghi. La condivisione è un grande valore, anche nel caso in cui riceva scarso riscontro. Ti permette di dare, di esternare qualcosa che ti piace e che può piacere anche agli altri.
Ecco perché abbiamo Facebook.
Sempre sia lodato, nonostante la sfilza di detrattori che non riescono a distinguere lo strumento dalla persona che ne fa uso ;)
mescoli disincanto e incanto, quotidianità e sorpresa, distanza dalle cose e immersione in queste.
piaciuto,
ml
Grazie, massimo, mescolare è una delle poche cose che mi riesce bene ;)