Forse dovrei scrivere, tutto il giorno, proprio per lavoro. E poi anche per me, e poi anche per qualcun altro, in privato, e poi anche per questo blog e altri blog.
Forse dovrei scrivere sempre, come quelli che lo fanno tutti i giorni, come un’imposizione, e comunque sarebbe un’imposizione migliore di fai 100 addominali e almeno 50 squat. Di gran lunga.
Un tempo scrivevo di più, anche cose private, bellissime mail e me lo dico da sola, sì, ma erano veramente bellissime mail piene di ogni cosa, di vita e a volte di morte, di paura e di bellezza. Mi tornavano indietro altrettanto belle, arricchite, riempite di altri significati, nuovi mondi.
Ora mi si stanno restringendo i pensieri, le riflessioni. Non sono mai stata una dai lunghi periodi, penso breve, scrivo breve, mi piace pensare facile, semplice, senza fronzoli, come sono io, senza fronzoli, se voglio li so anche mettere, ma non voglio mai, chi è che vuole perdere tempo coi fronzoli, dico io, io proprio no.
Però anche avere pensieri più lunghi di due righe, che non siano seguiti da un punto, nero, assoluto, che segna la fine. Ultimamente, è questo che faccio. Pensiero punto, pensiero punto, pensiero punto.
Come adesso. Pensiero punto. Vorrei uscirne, insomma.
Sorvolo tutta la parte in cui do la colpa ai social, a Facebook soprattutto, su cui passo gran parte del mio tempo, a questa voglia di restringere, restringere, restringere, arrivare al succo, lasciare fuori il resto, quando invece il resto serve, eccome, magari non su Facebook, però serve.
Invece ormai penso proprio così, parlo proprio così, agisco pure così, veloce, ristretta, un caffè espresso.
Ed è un peccato, perché a me piace essere anche cappuccino o atteggiarmi a caffè americano quando voglio sentirmi come le donne in carriera delle serie tv. E se voglio essere succo d’arancia, mi piace saper essere succo d’arancia. Solo caffè espresso non mi basta.
Stamattina pensavo che quello che ha inventato “chi troppo vuole nulla stringe” sarà lo stesso tizio di “chi si accontenta gode”, un tipo senza spina dorsale, di quelli che non osano.
E invece chi troppo vuole, fa benissimo a volere.
Tipo io, forse farei benissimo a volere.
Ti capisco molto bene. Lo dicevo giusto qualche settimana fa: non so mica più se sono capace a mettere giù un pensiero coerente. Ma ci sto lavorando.
E comunque a me piace sempre come scrivi i tuoi pensieri :)
Grazie, cara.
È che mi rendo conto che sta diventando sempre più difficile, come quando hai la patente e non guidi da anni :)
Siamo liquidi in rete. Ci adattiamo alle forme di comunicazione. Una volta, quando vomitavo su Splinder tutto il mio malessere nel non trovare un posto a me stessa, non avrei mai pensato che sarei riuscita a ragionare in 140 caratteri. Eppure, questo limite ci salva dall’affogare nelle nostre paure, paranoie, insicurezze. “Short” non significa “meaningless”; a meno che tu non lo voglia. E, stando a quanto leggo, non lo vuoi. Puoi tornare succo d’arancia quando vuoi: scoprirai che, in tutto questo tempo che sei stata espresso, hai imparato a filtrare i tuoi pensieri.
Un abbraccio, ti leggo sempre molto volentieri sia qui che “di là”, nel mondo massificato degli status (che ti rubano). :)
Erika
Ahahah grazie, Erika.
Sì, ho sempre sostenuto che “short” sia anche molto più difficile di “long”, in alcuni casi. Il fatto è che sono due modi veramente molto diversi di esprimere i concetti. Spesso sto in giro, mi viene in mente qualcosa o vivo un’esperienza, e ormai mi viene automatico ridurla ai minimi termini per scriverla su Facebook, quando invece potrebbe essere ampliata, descritta, raccontata qui o comunque in altro modo. Solo che Facebook è la via più veloce, scrivi due righe mentre cammini e hai soddisfatto il tuo desiderio di raccontare. Il blog, le mail personali, per non parlare di mettersi a scrivere racconti che magari terrai per te e non leggerà mai nessuno, sono un’altra cosa, una cosa che richiede impegno e a fare questa cosa mi sto disabituando e vorrei riabituarmi :)
Probabilmente i due estremi, il pensiero da 140 caratteri e il periodo lungo, che sembra non terminare mai, che divaga, che si infila in un sentiero secondario, per poi tornare sulla strada principale, il periodo abbellito da fronzoli, se son fronzoli fronzolosi o abbruttito dagli stessi, se son fronzoli fronzaroli, probabilmente i due estremi sono le prove con il coefficiente più alto di difficoltà per un aspirante scrittore (o, perlomeno, aspirante scrivente).
In ogni caso uno stile non preclude l’altro: Claudia, puoi essere Hemingway i giorni dispari, Proust quelli pari ;-)
Mi basterebbe essere me e scrivere di più, meglio, in maniera assennata (come diceva mia nonna) :D
Sì, uno stile non preclude l’altro, ma se provo a cantare qualsiasi canzone, anche la più semplice, a voce fredda, senza aver fatto esercizi da mesi, eccome se si sente la differenza ;)
Eppure, sei sempre d’ispirazione. :)
Ti ringrazio, ragazza londinese.
Tu non lo sai, ma se mi sono decisa a farmi rossa è stato anche grazie ai tuoi capelli :D
Quando scrivi, sia qui che altrove, tu sei sempre speciale Cla!
Ma grazie <3
Vollilo! (come diresti tu)
;)
Lo vollerò! :)
Secondo me non è questione di restringere. E’ di dirottare l’attenzione altrove.
A me sembra di aver dirottato la mia verso un iceberg.
E’ vero, quando ti ho conosciuta scrivevi molto di più. Hai pure infiocchettato questo blog per farlo. Che scrivi sempre bene però è fuori discussione, puoi continuare a dirtelo. Il lato positivo è che leggendoti meno, ti leggo con più piacere. Si sa, le cose rare valgono di più.
Ma meno male che ho voi che tenete a freno la mia insicurezza <3
Però, ecco, vorrei evitare di metterci due ore per scrivere dieci righe. Perché meno scrivo, più ci metto (e quindi scrivo meno perché non ho tempo), insomma, è ora che la finisca, me lo dico da sola.
Basterebbe riportare sul blog quello che scrivi su FB, dove sei attivissima!
Me lo sto chiedendo proprio in questi giorni. Volere? Stringere? Accontentarsi? Sai che ti dico? Hai ragione. Bisogna volere tanto, tutto, troppo se necessario, e mai accontentarsi. Perché chi si accontenta non gode, si accontenta e basta. Non sa cosa si perde, accontentandosi. E allora ppì, fai bene a volere. E soprattutto, anche se meno, fai bene (tipo a me, dopo aver letto questo post, mi hai fatto bene) a scrivere. Poco, se vuoi un po’ di più, un caffè fatto con la moka, con il rito del caffè e tutto il tempo che ci vuole ad aspettare lo sbuffo, ma fallo. Non smettere.
:*
Grazie, pic. In effetti, questa “filosofia” riesco ad applicarla a diversi altri campi della vita, devo solo capire il modo di estenderla a questo :)
Ps. in questi giorni ti sto pensando tanto, daje! <3
A me il “ristretto” è sempre piaciuto, non mi riferisco ai 140 caratteri ma alla capacità di scrivere un post con le parole giuste al posto giusto, senza fronzoli. Ma forse i fronzoli, i dettagli, quel particolare che nessuno ha notato perchè magari non importante è proprio quello che mi attira sempre di più. E allora forse non sono i fronzoli ad essere inutili, e allora viva i fronzoli
A pensarci bene, viva tutto, purché sia bello e interessante. Hai ragione :)