Stanotte mangiavamo una pizza mentre il mondo fuori cadeva a pezzi, letteralmente. Pezzi di tegole cadevano dal tetto e si schiantavano a terra, ne sentivo il rumore ovattato come se accadesse lontano, fuori chissà dove; facevano molto rumore, invece, i chicchi di grandine grossi come noci che battevano sui vetri di questo posto in cui stavamo, una stanza spoglia dai muri bianchissimi e nient’altro, solo un tavolo al centro e ovviamente noi due su queste sedie di legno vecchie e traballanti che ridevamo fregandocene delle tegole, della grandine e forse anche del fatto che saremmo morti di lì a poco.
C’eravamo solo noi e le pizze. Abbiamo mangiato tante cose insieme, negli anni, ma la pizza mai. Se ci pensi è strano, considerato che un pezzo di pizza ce l’ho tatuato su un braccio per quanto mi piace. Eppure non è mai successo. Però abbiamo mangiato sempre, anche al di fuori dal sogno, ridendo e fregandocene del fatto che saremmo morti di lì a poco, e anche questo è abbastanza strano, se ci pensi.
Nel sogno non siamo morti, forse non ho dormito abbastanza per vederlo accadere, però l’abbiamo fatto nella realtà, quella della sveglia alle 7 tutti i giorni, quella del lavoro e delle bollette, quella degli amici e del tempo sempre troppo poco che però è stato abbastanza per vederci morire. Non ci siamo più qui e ora, forse nemmeno lì e in quel tempo ci siamo mai stati, chissà, e ho spesso la sensazione di non aver detto tutto, ma non so bene cosa abbia lasciato fuori, non so bene quali parole ripescare, quando dirle, come farlo e soprattutto se.
E allora desisto e te le dico altrove, prima che il mondo esploda.
E tu ridi.
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