“Era estate, un camposcuola come tanti.
Scendiamo dal pulmino con gli zainetti pieni di mutande, magliette della salute e panini con la frittata. Nella tasca davanti, le cassette degli 883 e le compilation colorate di Festivalbar.
Fa caldo, è un posto alberato e c’è l’ombra ma fa caldo uguale, è umido perché vicino c’è un laghetto, ci sono pure le papere. Le ragazzine cominciano a fare uuuhhh e ooohhh indicando le paperelle, pure noi maschi tutti d’un pezzo vorremmo fare uuuhhh e ooohhh ma ci limitiamo a guardarci e ridere un po’ di loro, di quanto sono femminucce.
Lei ha gli occhioni, una di quelle ragazzine coi capelli belli, mossi, e gli occhioni tondi e luccicosi. È perfetta in quei boschi, sembra Liulai, la bambina della Signora Minù. Non che io guardassi la Signora Minù, ma Liulai so chi è, e lei sembra proprio Liulai. La guardo allontanarsi dal pulmino con un tipo lungo e secco, dalla faccia incazzosa, si tengono per mano. Vorrei essere quella mano, quella di lui, ma mi accontenterei anche di essere l’altra mano, quella che le porta il borsone.
Non ha solo gli occhioni di Bambi, lei, è pure simpatica. Quando giochiamo a pallavvolo, batte col bagher, ché la schiacciata non la sa fare. La prendo in giro e lei ride, quando lo smilzo non la vede. Un pomeriggio l’ho trovata fuori, da sola, a scrivere una lettera alle amiche del mare. Era impegnata a sporcare di inchiostro quella carta colorata azzurra e profumosa. Non volevo disturbarla, era proprio concentratissima, scriveva tutta piegata sul foglio, quindi me ne sono stato un po’ lì a guardarla da lontano poi, non so come, mi sono ritrovato allo stesso tavolo a parlarle della prof di matematica, di quanto mi stava sulle palle e il giorno dopo ancora lei mi ha parlato del suo cane e dopo io le ho parlato di mio nonno e lei mi ha raccontato della piazza del suo paese, e così fino al ballo della scopa.
L’ultima sera prima della partenza, abbiamo giocato al ballo della scopa, quello in cui si balla a coppie e uno, con la scopa in mano, la deve consegnare a qualcun altro per prendersi la compagna di ballo, fino a quando la musica non viene stoppata. E allora, a un certo punto, mi sono ritrovato a ballare con lei, Liulai, e ballavamo una canzone di Massimo di Cataldo, mi ricordo, e allora lei mi ha guardato e mi ha detto che doveva dirmi una cosa. E io le ho detto dimmi. E lei stava per dirmela. E io ho sperato che fosse quello che volevo dirle anch’io. E lei forse avrà sperato che io avessi già capito quello che lei voleva dirmi, così le avrei evitato l’imbarazzo. E poi lo smilzo mi ha messo la scopa in mano, pure un po’ scazzato, e si è ripreso la dama e lei ha abbassato gli occhi e l’ho visto, che era triste, e io sono rimasto con questa scopa in mano e, mentre ero divorato dal dubbio sul rifare o meno il giochetto per riprendermi le parole che mi spettavano di diritto, quella stronza dell’arbitro, quella con la faccia acida e brufolosa, ha premuto stop sullo stereo e Massimo Di Cataldo ha smesso di botto di cantare la sua litania.
E il giorno dopo ero a casa, ancora divorato dal dubbio, però riguardo al fatto se spaccarmi una scopa in testa o lasciar perdere.”
Questa è una storia vera, una di quelle che si raccontano alle due di notte, in macchina, di ritorno dal pub. Una di quelle storie che c’hanno una morale, ma non come la morale di Esopo, proprio la morale che ti frena, che ti fa rimanere con la scopa in mano perché non si fa, non si frega la dama a un altro, neanche per gioco al camposcuola.
E invece io dico di sì, che si fa, che se una persona ti piace, glielo devi dire e te la devi prendere, ché magari lei vuole essere presa, tu che ne sai? E se anche non fosse, pazienza, tu c’hai provato. Perché ci sarà sempre qualcuno che stoppa la musica e qualcuno che rimane con la scopa in mano, io dico che vorrei essere quello che rimane abbracciato alla dama, ecco.
Non c’erano scope quella notte, ma lui me lo ha detto …anche se stava con la mia collega. Ho aspettato, ci siamo messi insieme, due mesi dopo quella notte. Abbiamo fatto un figlio, ci siamo sposati, mi ha lasciato, mi ha ripreso, abbiamo fatto una figlia, non c’è più… Mi ha lasciato, mi ha ripreso. L’ho lasciato, l’ho ripreso, l’ho lasciato di nuovo, l’ho ripreso di nuovo…. E poi basta, l’ho lasciato. Se non me lo avesse detto non ci sarebbe nostro figlio, qualcosa di “buono” è restato.
Sì, è questo che intendo. Qualsiasi cosa accada dopo, quando si osa, quando si agisce, c’è sempre qualcosa di buono che rimane, a volte di buono rimane tutto, a volte rimane molto :)
Mi sono perso nei passaggi: pui andare più piano?
la vita è piena di arbitri con la faccia acida e brufolosa pronti a mettere in pause qualcosa di bello
Sì, ce ne sono un’infinità. Escono dalle fottute pareti!
Coraggio, opportunità e rispetto e poi se son rose fioriranno, incluse le spine…
bellissima storia raccontata benissimo!
Esatto, sono tre paroline magiche. Grazie, stravagaria! :*
d’accordo su tutto, ma con massimo di kataldo in sottofondo io forse non giocherei nemmeno :D
Io da piccola (vabbè, tipo a 12 anni) lo ascoltavo, c’avevo davvero la cassetta e, nonostante tutto, mi è rimasta la voglia di vivere :D
Brava, bello. Mi piace quando scrivi così. Solo (sai che sono odioso e pignolo) il tuo protagonista parla e ragiona un po’ troppo come te e un po’ troppo poco come un ragazzo con la scopa in mano.
Dici? Sarà che nel riportare la storia mi sono immedesimata troppo, anche se io con la scopa in mano non ci resto mai, da quando una volta ci sono rimasta, lui era biondo e c’aveva i capelli lunghi e gli occhiali specchiati. Ma questa è un’altra storia…
e anche perché comunque sputtanarsi per amore è tra le cose più belle del mondo.
Sì, chi ci rinuncia non sa cosa si perde.
questo è il tuo post più bello in assoluto…
Solo perché sei d’accordo con me, dì la verità.
Bacio ;)
avrei voluto imparare un po’ prima a non restare con la scopa in mano. la chiamavo libertà. vabbè, pace.
e comunque mi hai emozionata tantissimo!
E comunque meglio tardi che mai, banalmente :*
Sai che all’inizio pensavo che questo fosse il famoso racconto scritto da Claudiappì di cui hai parlato qualche post fa? Sarebbe stato grandioso, un racconto scritto in prima persona da una donna ma raccontato da un uomo..fa strano…
Mi ci sono rivisto in questo racconto… Io facevo proprio la parte di quello con la scopa in mano :(
Roberto, fare l’uomo non mi riesce benissimo, però devo dire che mi è piaciuto esserlo, anche se per pochi righi.
E comunque, Robbbè, anch’io sono rimasta con la scopa in mano, ma c’è sempre tempo per cambiare :*
Ma che post bellissimo! Quasi quasi te lo ribloggo.
*__* Grazie.
Io, Claudiappì, sono d’accordo con te.
E questo post è magnifico, mi sono goduta ogni parola, questa storia non si poteva raccontare meglio, sembra di vederli, personaggi e interpreti…brava!
Un bacettino, Cla…
Grazie, tesoro :**
Reblogged this on i cittadini prima di tutto.
Io sono sempre stato quello con la scopa in mano, tranne una volta che invece di abbozzare e stare lì a guardare la scena in attesa che la musica finisse, ho preso la scopa e l’ho data forte sulla schiena dell’altro pretendente. Ha funzionato.
(naturalmente sono metafore, gliela diedi sul cranio, tre notti in gatta buia e amici come prima)
(hai fatto bene, vuoi mettere la soddisfazione?)
Con questo post rischi di brutto. Che fra i lettori ci sarà pure qualcuno a cui la scopa gliel’hanno messa inder…
Eh, ma pazienza. Una volta ciascuno :D