Mi piacerebbe funzionare come tutti, mi accontenterei di funzionare come molti, invece ho dei meccanismi complicati che ogni giorno cerco di comprendere, perché il libretto delle istruzioni l’ho perso in un’altra vita in cui ero disordinata.
Ma adesso, se pure ce l’avessi, non lo leggerei, lo terrei nel cassetto dove tengo tutti i libretti delle istruzioni che non ho mai letto (in questa vita sono ordinata al limite della maniacalità). Io le istruzioni non le leggo mai, mi piace andare a tentativi e cercare aiuto solo quando ho passato almeno due notti sveglia a non capire. Cosa che succede di rado.
Invece succede spesso, ultimamente, che passi le notti sveglia, che mi agiti nel letto e mi svegli due o tre volte per guardare l’ora. Uffa, ancora le tre. Ancora le cinque e dieci. Ancora le sei e mezzo. Mi sveglio.
Dormire mi sembra una perdita di tempo, io che riempio le mie giornate di perdite di tempo e lavoro negli interstizi. Io che della perdita di tempo e dell’ozio cerco di farne uno stile di vita finché riesco, finché mi va, finché posso permettermelo. Solo che durante il sonno non ho il controllo dei pensieri, non posso dargli una direzione, non posso trasformarli in cose, il mio corpo è immobile e invece potrebbe fare altro, probabilmente cose inutili, ma vive.
Forse c’è una fobia del sonno che avrà un nome greco strambissimo, che puntualmente scorderò e non potrò fare la figa agli aperitivi dicendo che ho questa fobia strana di dormire perché mi sa di morte. Pazienza, ma adesso non mi va di googlare.
Poi è vero che le inquietudini si trasformano in sogni che farebbero impallidire Lynch, ma non basta a farmi preferire il sonno alla veglia.
Eppure un tempo dormivo sempre, appena possibile, sonni lunghissimi fatti di buio e spesso senza sogni. Un tempo che mi pare un secolo fa, ridevo anche poco, parlavo anche meno. Eppure non era un tempo che ricordo come triste, era solo un tempo come un altro. Forse è questo, non mi piace esistere in un tempo come un altro, fare una cosa come un’altra, vivere una storia come un’altra. Mi spengo. Un tempo come un altro è un tempo che dorme. Un tempo morto. O apparentemente. Perché respira.
Adesso che tengo il tempo sveglio e mi piace perderlo e mi piace usarlo per fare cose ma ancora di più per non farle, adesso che mi piace usare il tempo come un uomo zerbino, uno che sta lì ad aspettare un tuo cenno, finché non ti stufi e passi a quello che devi rincorrere, che un po’ ti maltratta, insomma adesso che mi pare di avere il tempo in pugno, parlo. Parlo e rido forse troppo.
Spesso, nel bel mezzo di uno dei miei monologhi, mi chiedo se l’altro stia annuendo perché è d’accordo con me oppure perché gli ho obnubilato la mente. E poi rido di tutto, a volte solo perché sto bene, spesso quando non c’è nulla da ridere.
E quindi, forse è questo il motivo per cui non voglio dormire, ho paura di svegliarmi, un giorno, trasformata in Sandra Milo. Chissà.
E magari finire in un film di Fellini:
https://www.youtube.com/watch?v=-jWficDXB5c
p.s. la parola greca dovrebbe essere Permaflexphobos
O eminflexphobs, a seconda della marca del materasso :)
Credo che certi meccanismi complicati siano la bellezza della vita, ci sono tempi diversi e questa tua definizione di tenere il tempo sveglio mi piace tanto, poi capita a tutti che sogni e pensieri a volte diventino inquietudini.
Però dai, dormi serena, al risveglio sarai ancora tu, Cla :-)
Bacio!
Eppure, Miss, stamattina avevo qualche capello biondo :D
Bacio e buona giornata!