Ho sempre desiderato non dipendere da nessuno. Quando ancora studiavo, mi immaginavo come una di quelle donne autonome e cazzute dei film, una di quelle coi piedi ben piantati a terra, la testa ancorata al collo, che c’è a prescindere dalle cose intorno, che cammina per la sua strada a grandi falcate, lasciandosi dietro cadaveri, se necessario. Una guerriera.
Lo sono diventata, per alcuni versi. Le falcate no, perché ho le gambe corte, ma ho imparato ad essere serena, addirittura felice, perché la serenità è una cosa che si può imparare, con la pratica, soprattutto quando non hai avuto la fortuna di nascerci dentro. Poi, una volta imparata la serenità, sono riuscita pure a trasmetterla, che è una cosa che si impara anche questa, con la pratica, e dà ancora più soddisfazioni perché fa stare bene gli altri, e io ho sempre avuto questo spirito da Madre Teresa che, vivaddìo, non è degenerato in quello di crocerossina salva stronzi.
Insomma, così sono andata avanti per anni a vivere in questa illusione di non dipendere da nessuno. E invece col cazzo, beata ingenuità. La verità è che dipendo da tutti, gli umori degli altri mi investono come un temporale, coi fulmini e saette e tutto. O come una giornata di sole che scalda, dipende. Ma più spesso è diluvio, è tornado, è pioggia incessante da giorni, è nuvolacce nere. Perché la gente è triste.
Madonna quanta gente triste c’è, al mondo, non avete idea. O forse sì. Tanto che se uno è triste o comunque sta così così o è incazzato con la vita, alla fine non fa manco più notizia. Se invece sei felice, stanno subito tutti lì a chiederti il perché. Ti hanno dato un aumento? Sei innamorata? Hai finito Candy Crush? Test di gravidanza negativo? (ok, questo solo nel mio caso). Insomma, non si può essere felici per nulla, per quello che hai, per quello che fortunatamente non hai, no, è una cosa strana, non può essere.
E invece a me capita proprio di essere felice per nulla, che poi è anche essere felice per tutto, in fondo. Forse è una fortuna, perché mi inzuppo di temporali, quelli dei colleghi, dei parenti, degli amici, degli amori, dei tiggì, degli sconosciuti online, degli sconosciuti sull’autobus, dipendo da tutte le relazioni che ho durante il giorno, figuriamoci se uscissi di casa già triste.
Ad esempio, questo post doveva essere diverso, ho aperto word per scrivere di quanto io sappia accontentarmi di alcune cose e di quanto, invece, non mi accontenti affatto, mai, di altre. Tipo delle persone che ruotano nella mia orbita, che è minuscola, credetemi. Non è neanche essere esigenti, è proprio una questione di volersi bene. Ma questo è un altro discorso, ecco.
Perché poi, puntuale, ancora prima di scrivere la prima lettera, il diluvio.
Ce l’avete l’ombrello, voi? Io neanche lo apro più.
Oh, come ti capisco Claudia, anche a me succede, mi capita di essere felice per nulla e va proprio bene così!
P.S. ieri sera, mi sono iscritta di nuovo qui, formidabile tempismo, vero :-) ?
Spero che quel problema non si presenti più! Bacio Cla.
Ho visto che ti sei iscritta di nuovo! Se ci sono ancora problemi, fammi sapere ;)
<3
Non te l’ho mai detto? Il tuo secondo nome è Assertività.
Eh, ma l’ombrello è importante ;)
Sì, mi sa che sull’assertività hai proprio ragione :D