Oggi mi hai chiesto cosa mi fa più paura. E io ci ho pensato un po’ su, perché quando penso alle paure mi vengono in mente le malattie e la solitudine e le vespe e quell’incubo ricorrente che faccio, in cui litigo con una persona con la quale da anni non litigo più, ma nel sogno ci litigo e grido con tutta la forza e mi incazzo e piango per il nervoso, tanto che qualche mattina mi sono svegliata stanca e triste e con gli occhi umidi. Ecco, quell’incubo mi fa molta paura e ogni volta spero che sia l’ultima, lo spero davvero, ma poi lui torna imperterrito a tormentarmi il sonno. Neanche l’altra notte in cui ho sognato Freddy Krueger in persona ho avuto paura come succede nel mio incubo ricorrente, paura che sia reale, che non sia solo dovuto a un hamburger di troppo o a una posizione scomoda.
Ho pensato a tutte queste immagini spaventose per me, ho soffiato via il fumo della sigaretta e alla fine ti ho detto che mi fa paura la paura. E tu mi hai risposto non vale, con quella tua aria da chi si aspettava già una risposta del cazzo. E io ti ho detto che vale eccome aver paura di avere paura, perché avere paura significa rimanere fermi, in silenzio, senza fiatare, immobili. Non è che si dice impietrito dalla paura così, per caso. Ecco, io ho molta paura di rimanere impietrita. Una roccia che resta lì per secoli sempre uguale, al massimo corrosa dall’acqua e dal vento. Io preferisco essere l’acqua e il vento.
Eppure qualche anno fa ti avrei risposto che ho paura dei cambiamenti. Ed era vero, fino a qualche anno fa. Poi quando cominci a cambiare, vuoi cambiare continuamente. Quando cominci a scorrere, vuoi essere ruscello, poi fiume, poi mare, vuoi entrare e uscire dalla terra, dissetare i cani randagi, i bambini accaldati, riempire borracce e pozzanghere in cui le macchine affonderanno le ruote a tutta velocità, creando un’onda anomala per il povero malcapitato di turno.
Voglio anche essere il povero malcapitato di turno e bagnarmi di quella stessa acqua che fa dei giri immensi e poi torna e mi infradicia.
Tu di cosa hai paura, ti ho chiesto.
Mi hai detto di tutto quello che non posso controllare.
E allora di tutto, ti ho detto.
Siamo stati un po’ zitti a guardare il vaso di geranei e forse a pensare alle cose che si possono controllare.
Io ci sto ancora pensando e non mi viene in mente niente.
Meno male.
Non è il controllo in sé forse ma la convinzione di averlo che ci rassicura, anche se poi non è così.
Pochi commenti rispetto alla media, forse perché nessuno vuole parlare di ciò che fa davvero paura, altrimenti che paura è?
Le mie paure si sono già materializzate. Ho 40 anni e non temo più niente per me: tutte le mie ansie sono rivolte a mio figlio e scusate la banalità.