Ho questa cosa che a volte mi sembra un pregio, altre un difetto. Questa cosa che ho sempre avuto e fa parte di me, come i nei, come le lentiggini, anche loro mi piacciono, a volte, altre volte preferirei la pelle come quella delle modelle ritoccate con Photoshop.
Dove vorresti essere ora?
Esattamente dove sono, dovrei rispondere. Ma non succede quasi mai.
Vorrei essere dove sono quasi sempre, ma quasi sempre anche almeno in un altro posto, pure quando sono in paradiso vorrei essere almeno anche da un’altra parte. A volte all’inferno per il semplice gusto di vedere l’effetto che fa.
Sempre in più posti, contemporaneamente.
– Non si potrebbe avere l’ubiquità? E anche il teletrasporto?
– E allora anche i viaggi nel tempo?
– No, quelli mi interessano poco, quello che è stato è stato, quello che è è, quello che sarà non lo voglio sapere subito, mi piacciono le attese
Non so come si chiama questa cosa che ho, che magari hanno in tanti o forse no, una volta qualcuno mi ha detto che si chiama non saper vivere i momenti, ma non lo so, ora ad esempio sto vivendo questo momento, scrivo bevendo succo di arancia rossa, penso che ho tanto lavoro da fare, vorrei essere esattamente dove sono, a casa mia, scalza, con un vestito leggero appiccicato addosso. Ma. Vorrei essere anche da un’altra parte, sul mare a mangiare una granita e a sentire i discorsi dei vicini di ombrellone che parlano di Renzi tra un cruciverba e un rimprovero ai figli, in un locale con te a bere una birra e a sparlare del resto del mondo, ma vorrei anche camminare per le strade di una città assolata e maledire il caldo, parlare di quanto tempo è passato dall’ultima volta, abbracciarti anche se ci sono 40 gradi e si schiatta, vorrei anche respirare lo smog delle auto su vialoni pieni di negozi pieni di cose in saldo che non comprerò, vorrei stare su un letto a fare niente, a parte pensare di voler essere anche altrove, vorrei stare a casa tua a fare selfie col tuo cane mentre aspetto che torni dall’ufficio, come faccio sempre, vorrei stare in un supermercato a riempire il carrello di cose che non ti cucinerò (perché è tutta roba già cucinata), vorrei stare in piscina e farmi prendere in giro perché ho paura delle api, vorrei stare su un aereo per Sidney perché alla fine abbiamo optato per l’Australia.
Non lo so se questa cosa si chiama non saper vivere i momenti, ma in fondo i momenti si chiamano così perché durano poco. I miei durano meno di quelli degli altri, forse. Sono tutti accavallati e si mischiano in un eterno casino che in fondo mi piace, non sempre, ma spesso sì.
E poi dare un nome a tutte le cose è un po’ da coglioni.
però possiamo dire il nome che non è: insoddisfazione. mi piace come racconti ‘sta cosa, non ti si sente insoddisfatta o delusa, noti che c’è e ti vedo scrollare le spalle mentre lo dici.
un sorriso
ml